In quest’ultimo decennio il processo di radicalizzazione jihadista ha trovato nei social network un valido strumento di comunicazione globale, eliminando (almeno in parte) i limiti posti dall’esigenza del contatto umano. Attraverso l’estensivo utilizzo di social media/forum/blog si sono diffusi anche i casi di auto-radicalizzazione, ovvero si sono implementati i processi che iniziano e si concludono senza ricevere dirette istruzioni da alcuna organizzazione esterna o da nessun soggetto preciso. Lo sviluppo di queste tecnologie di comunicazione ha reso possibile quindi l’evolversi della dimensione virtuale del jihad e dell’impatto visuale dei social network: da che cosa sono attratti i “reclutati”? Come vengono narrati i territori in base ai nuovi richiami jihadisti? Perché la proposta della jihad attira anche le menti occidentali? Gli studi condotti fino ad oggi non esauriscono l’interesse di una nuova ricerca che, oltre a integrare e aggiornare quanto già prodotto, si propone di studiare quanto le tecniche di comunicazione online incidano sulla diffusione e spettacolarizzazione delle pratiche di radicalizzazione del jihadismo. In particolare, dal tragico evento dell’11 settembre 2001, si è assistito al proliferarsi di tecniche psicologiche, comunicative e propagandistiche finalizzate ad interagire sia con le comunità dei territori di appartenenza jihadista, al fine di rafforzare le proprie rappresentazioni, attese e competenze, sia con l’Altro, al fine di attivare nuovi processi di territorializzazione. Nel caso di IS la comunicazione online si è rivelata efficace, riuscendo a controllare e convogliare una molteplicità di messaggi e simboli differenti, avviando peraltro una comunicazione sia istituzionale sia più “informale”, delegata all’intraprendenza del singolo sostenitore. Questo contributo vuole affrontare criticamente la narrazione che i movimenti jihadisti propongono e impongono attraverso un percorso che scompone e analizza i messaggi, i mezzi, le strategie di comunicazione, i destinatari; nonché analizzare schemi e categorie (inclusi pregiudizi, cliché, luoghi comuni) mediante i quali, da un lato i movimenti jihadisti si rappresentano sui territori, dall’altro l’Alterità recepisce le immagini, i codici linguistici e ri-territorializza il jihadismo.
IS e WEB: comunicazione "emozionale" e processi di territorializzazione, 2016-12-01.
IS e WEB: comunicazione "emozionale" e processi di territorializzazione
Morazzoni, Monica;ZAVETTIERI, GIOVANNA GIULIA
2016-12-01
Abstract
In quest’ultimo decennio il processo di radicalizzazione jihadista ha trovato nei social network un valido strumento di comunicazione globale, eliminando (almeno in parte) i limiti posti dall’esigenza del contatto umano. Attraverso l’estensivo utilizzo di social media/forum/blog si sono diffusi anche i casi di auto-radicalizzazione, ovvero si sono implementati i processi che iniziano e si concludono senza ricevere dirette istruzioni da alcuna organizzazione esterna o da nessun soggetto preciso. Lo sviluppo di queste tecnologie di comunicazione ha reso possibile quindi l’evolversi della dimensione virtuale del jihad e dell’impatto visuale dei social network: da che cosa sono attratti i “reclutati”? Come vengono narrati i territori in base ai nuovi richiami jihadisti? Perché la proposta della jihad attira anche le menti occidentali? Gli studi condotti fino ad oggi non esauriscono l’interesse di una nuova ricerca che, oltre a integrare e aggiornare quanto già prodotto, si propone di studiare quanto le tecniche di comunicazione online incidano sulla diffusione e spettacolarizzazione delle pratiche di radicalizzazione del jihadismo. In particolare, dal tragico evento dell’11 settembre 2001, si è assistito al proliferarsi di tecniche psicologiche, comunicative e propagandistiche finalizzate ad interagire sia con le comunità dei territori di appartenenza jihadista, al fine di rafforzare le proprie rappresentazioni, attese e competenze, sia con l’Altro, al fine di attivare nuovi processi di territorializzazione. Nel caso di IS la comunicazione online si è rivelata efficace, riuscendo a controllare e convogliare una molteplicità di messaggi e simboli differenti, avviando peraltro una comunicazione sia istituzionale sia più “informale”, delegata all’intraprendenza del singolo sostenitore. Questo contributo vuole affrontare criticamente la narrazione che i movimenti jihadisti propongono e impongono attraverso un percorso che scompone e analizza i messaggi, i mezzi, le strategie di comunicazione, i destinatari; nonché analizzare schemi e categorie (inclusi pregiudizi, cliché, luoghi comuni) mediante i quali, da un lato i movimenti jihadisti si rappresentano sui territori, dall’altro l’Alterità recepisce le immagini, i codici linguistici e ri-territorializza il jihadismo.File | Dimensione | Formato | |
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