A partire da marzo 2020 il lockdown è stato adottato gradualmente a livello globale per contenere la pandemia da coronavirus, covid-19, manifestatasi inizialmente in Cina, a Wuhan, e poi diffusasi rapidamente nel resto del mondo. La gestione della pandemia ha portato all’introduzione di una serie di limitazioni delle libertà degli individui cui le ragioni mediche hanno offerto un sostegno che si è manifestato attraverso quella stessa retorica che percorreva le argomentazioni della politica. In particolare, la metafora bellica in base alla quale il virus veniva equiparato a un nemico particolarmente insidioso, perché invisibile, e i medici e gli infermieri a soldati impegnati a combattere in trincea (e la restante popolazione a resistere chiusa in casa per evitare la diffusione del contagio), ha finito con l’improntare di sé anche i discorsi degli scienziati, nello specifico i virologi (termine qui usato come sorta di iperonimo a comprendere anche epidemiologi, infettivologi, ecc.), chiamati in televisione a rassicurare il cittadino spaventato, isolato e confuso. Le parole della scienza si sono mescolate a quelle della politica, si sono corrotte in direzione di una retorica patemica che ha trasformato lo scienziato in opinionista scientifico (sovente autore di dichiarazioni smentite dalla realtà dei fatti, come ad esempio quelle relative alla bassa mortalità del virus, alla previsione di un’imminente estinzione del medesimo, alla non contagiosità dei vaccinati, ecc.) nella sua frenetica partecipazione ai salotti televisivi in cui si è impegnato in vivaci conflitti con altri esperti, non esimendosi dall’usare un linguaggio colorito che tradisce la fragilità e la vanità di coloro che idealmente il cittadino immaginava impegnati nei laboratori di ricerca e lontani dalle sirene delle vetrine mediali. Nella volontà di emergere nel caos di voci, a volte contraddittorie, rispetto ai propri colleghi, i virologi, assurti al rango di celebrities, attraverso la loro incessante esposizione mediatica, si sono lanciati non di rado in esternazioni che hanno avuto il merito di garantire loro visibilità, ma che tradiscono il pericoloso scivolamento nei regimi di discorso propri dello scontro politico. I virologi sono diventati soprattutto “volti”, distinguendosi, come all’interno dei reality show, per la loro capacità di affrontare gli “avversari” negli agoni mediali. Sedurre e colpire, in una società in cui l’ontologia emotiva stabilisce l’autenticità o meno di un individuo, sembra l’obiettivo principale anche di questi nuovi influencer.

La costruzione mediale del virologo-influencer, 2023.

La costruzione mediale del virologo-influencer

Polesana, Maria Angela
2023-01-01

Abstract

A partire da marzo 2020 il lockdown è stato adottato gradualmente a livello globale per contenere la pandemia da coronavirus, covid-19, manifestatasi inizialmente in Cina, a Wuhan, e poi diffusasi rapidamente nel resto del mondo. La gestione della pandemia ha portato all’introduzione di una serie di limitazioni delle libertà degli individui cui le ragioni mediche hanno offerto un sostegno che si è manifestato attraverso quella stessa retorica che percorreva le argomentazioni della politica. In particolare, la metafora bellica in base alla quale il virus veniva equiparato a un nemico particolarmente insidioso, perché invisibile, e i medici e gli infermieri a soldati impegnati a combattere in trincea (e la restante popolazione a resistere chiusa in casa per evitare la diffusione del contagio), ha finito con l’improntare di sé anche i discorsi degli scienziati, nello specifico i virologi (termine qui usato come sorta di iperonimo a comprendere anche epidemiologi, infettivologi, ecc.), chiamati in televisione a rassicurare il cittadino spaventato, isolato e confuso. Le parole della scienza si sono mescolate a quelle della politica, si sono corrotte in direzione di una retorica patemica che ha trasformato lo scienziato in opinionista scientifico (sovente autore di dichiarazioni smentite dalla realtà dei fatti, come ad esempio quelle relative alla bassa mortalità del virus, alla previsione di un’imminente estinzione del medesimo, alla non contagiosità dei vaccinati, ecc.) nella sua frenetica partecipazione ai salotti televisivi in cui si è impegnato in vivaci conflitti con altri esperti, non esimendosi dall’usare un linguaggio colorito che tradisce la fragilità e la vanità di coloro che idealmente il cittadino immaginava impegnati nei laboratori di ricerca e lontani dalle sirene delle vetrine mediali. Nella volontà di emergere nel caos di voci, a volte contraddittorie, rispetto ai propri colleghi, i virologi, assurti al rango di celebrities, attraverso la loro incessante esposizione mediatica, si sono lanciati non di rado in esternazioni che hanno avuto il merito di garantire loro visibilità, ma che tradiscono il pericoloso scivolamento nei regimi di discorso propri dello scontro politico. I virologi sono diventati soprattutto “volti”, distinguendosi, come all’interno dei reality show, per la loro capacità di affrontare gli “avversari” negli agoni mediali. Sedurre e colpire, in una società in cui l’ontologia emotiva stabilisce l’autenticità o meno di un individuo, sembra l’obiettivo principale anche di questi nuovi influencer.
Italiano
2023
Polesana, Maria Angela; Risi, Elisabetta
(S)comunicazione e pandemia. Ricategorizzazioni e contrapposizioni di un'emergenza infinita
213
238
25
9791222301150
Italy
Milano
Mimesis Edizioni srl
comitato scientifico
internazionale
A stampa
Settore SPS/08 - Sociologia dei Processi Culturali e Comunicativi
1
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