L’articolo propone una riflessione sull'attività teatrale in carcere nell'ultimo ventennio. Allo stato attuale, sul territorio nazionale, carcere e teatro sono due realtà che si intrecciano in un rapporto di reciprocità sempre più evidente. Tale esperienza nasce grazie al compito di recupero sociale che gli istituti penitenziari si assumono mediante le attività trattamentali: la logica del trattamento trova fondamento in una serie di norme specifiche presenti nella Costituzione che mirano alla rieducazione del condannato attraverso l’istruzione, il lavoro, le attività culturali, ricreative e sportive. L’intervento teatrale in carcere, quindi, non ha come finalità primaria la produzione di uno spettacolo esteticamente significativo, bensì l’attivazione di un processo creativo e ri-creativo degli individui che vi partecipano. Dal 1990 in poi, in sempre più numerosi istituti di pena italiani, viene data la possibilità di essere di scena, e la scena è dei detenuti che accettano la scommessa di un cambiamento possibile, che sottoscrivono un patto trattamentale e che all’avventura teatrale affidano una parte della loro vita di reclusione. Il teatro, come arte della ricerca, è la prima arma di una fantasia povera e sprovvista di mezzi, una fantasia che, sotto la coltre dell’individualismo carcerario, ha la possibilità di riscoprire il dono della soggettività capace di creare.
Per un teatro "collaterale": frammenti di esperienze di teatro sociale in carcere, 2007.
Per un teatro "collaterale": frammenti di esperienze di teatro sociale in carcere
Garavaglia, Valentina
2007-01-01
Abstract
L’articolo propone una riflessione sull'attività teatrale in carcere nell'ultimo ventennio. Allo stato attuale, sul territorio nazionale, carcere e teatro sono due realtà che si intrecciano in un rapporto di reciprocità sempre più evidente. Tale esperienza nasce grazie al compito di recupero sociale che gli istituti penitenziari si assumono mediante le attività trattamentali: la logica del trattamento trova fondamento in una serie di norme specifiche presenti nella Costituzione che mirano alla rieducazione del condannato attraverso l’istruzione, il lavoro, le attività culturali, ricreative e sportive. L’intervento teatrale in carcere, quindi, non ha come finalità primaria la produzione di uno spettacolo esteticamente significativo, bensì l’attivazione di un processo creativo e ri-creativo degli individui che vi partecipano. Dal 1990 in poi, in sempre più numerosi istituti di pena italiani, viene data la possibilità di essere di scena, e la scena è dei detenuti che accettano la scommessa di un cambiamento possibile, che sottoscrivono un patto trattamentale e che all’avventura teatrale affidano una parte della loro vita di reclusione. Il teatro, come arte della ricerca, è la prima arma di una fantasia povera e sprovvista di mezzi, una fantasia che, sotto la coltre dell’individualismo carcerario, ha la possibilità di riscoprire il dono della soggettività capace di creare.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.