Dopo essere stato considerato un genere televisivo (e radiofonico) minore - quando non deteriore -, a partire dalla metà degli anni Ottanta del Novecento la soap opera ha attraversato un processo di profonda rivalutazione accademica da parte dei Television Studies e degli Women studies (Allen 1985, 1995; Ang 1985; Livingstone 1998; Hobson 2002; Geraghty 1991; Ford, De Kosnik, Lee Harrington 2010). All'inizio degli anni 2000, tuttavia, l'ascesa della nuova serialità “complessa" (Mittell 2015) sembrerebbe aver nuovamente confinato la soap opera nell’alveo dei generi narrativi di secondo piano. Rispetto alle caratteristiche di qualità delle serie tv contemporanee, parrebbe essersi ridotto lo spazio disponibile per una narrazione ritenuta troppo popolare, semplice, quotidiana, centrata sulla polarizzazione melodrammatica delle emozioni, capace di fare breccia su un pubblico di basso profilo culturale. Tuttavia, questa osservazione si presta ad una riflessione, che costituirà l’obiettivo del presente contributo: se è vero che la presenza di soap opera “pure” nei palinsesti televisivi è fortemente ridotta rispetto a qualche anno fa, è altrettanto vero che il modello narrativo che la contraddistingue riemerge con chiarezza in alcune delle recenti serie tv di maggior successo internazionale: si pensi a Game of Thrones o La casa de papel, per citare due tra i più significativi fenomeni seriali delle ultime stagioni. Il saggio si propone di evidenziare le radici melodrammatiche della soap opera e di cercarne la presenza nelle pieghe della serialità cosiddetta “di qualità”, mettendo in luce un’apparente contraddizione che sembra invece riaffermare la capacità di adattamento della forma melodrammatica del racconto seriale al panorama mediale contemporaneo.
“Don’t drop the soap! La vita nascosta della soap opera nell’età della Grande serialità televisiva”, 2019.
“Don’t drop the soap! La vita nascosta della soap opera nell’età della Grande serialità televisiva”
Cardini, Daniela
2019-01-01
Abstract
Dopo essere stato considerato un genere televisivo (e radiofonico) minore - quando non deteriore -, a partire dalla metà degli anni Ottanta del Novecento la soap opera ha attraversato un processo di profonda rivalutazione accademica da parte dei Television Studies e degli Women studies (Allen 1985, 1995; Ang 1985; Livingstone 1998; Hobson 2002; Geraghty 1991; Ford, De Kosnik, Lee Harrington 2010). All'inizio degli anni 2000, tuttavia, l'ascesa della nuova serialità “complessa" (Mittell 2015) sembrerebbe aver nuovamente confinato la soap opera nell’alveo dei generi narrativi di secondo piano. Rispetto alle caratteristiche di qualità delle serie tv contemporanee, parrebbe essersi ridotto lo spazio disponibile per una narrazione ritenuta troppo popolare, semplice, quotidiana, centrata sulla polarizzazione melodrammatica delle emozioni, capace di fare breccia su un pubblico di basso profilo culturale. Tuttavia, questa osservazione si presta ad una riflessione, che costituirà l’obiettivo del presente contributo: se è vero che la presenza di soap opera “pure” nei palinsesti televisivi è fortemente ridotta rispetto a qualche anno fa, è altrettanto vero che il modello narrativo che la contraddistingue riemerge con chiarezza in alcune delle recenti serie tv di maggior successo internazionale: si pensi a Game of Thrones o La casa de papel, per citare due tra i più significativi fenomeni seriali delle ultime stagioni. Il saggio si propone di evidenziare le radici melodrammatiche della soap opera e di cercarne la presenza nelle pieghe della serialità cosiddetta “di qualità”, mettendo in luce un’apparente contraddizione che sembra invece riaffermare la capacità di adattamento della forma melodrammatica del racconto seriale al panorama mediale contemporaneo.File | Dimensione | Formato | |
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