La crisi economica, scoppiata nel 2008 è una crisi globale la cui durata e intensità ha finito col provocare mutamenti profondi nelle nostre vite da un punto di vista non solo, appunto, economico, ma anche sociale e culturale. Nello specifico, l’Italia ha sofferto la riduzione dell’occupazione, la frammentazione dei rapporti di lavoro, il declino industriale, la contrazione dei bilanci familiari, nonché la distribuzione del reddito sfavorevole per i ceti popolari e per una parte importante delle classi medie. La durata della crisi ha reso il downsizing dei consumi quasi strutturale, ha cioè esercitato un effetto maieutico rispetto al manifestarsi di una accresciuta consapevolezza, da parte del consumatore, del reale valore che il consumare ha nella sua vita: consumare non rende felici. La profonda delusione/disillusione, rispetto alle grandi promesse del capitalismo e alla utopica concezione del nostro pianeta come fonte inesauribile di risorse, lasciano il posto alla consapevolezza della necessità di un cambiamento radicale del nostro stile di vita. Emergono dunque nuovi sistemi di valori che assegnano importanza al territorio, al rispetto per l’ambiente e per la natura, all’etica e alla trasparenza cui i produttori devono ispirare il loro agire, valori che si traducono in nuove e diverse scelte di consumo. La crisi dei consumi non è stata soltanto quantitativa, ma ha interessato i convincimenti, i desideri, i bisogni e i valori degli individui. Al punto che i consumi esprimono il profilo di un nuovo consumatore, un soggetto che si sente non solo portatore di diritti, ma anche di doveri rispetto agli altri e all’ambiente. A tal proposito si pensi ai consumi verdi, etici e critici (quali i GAS, ossia i Gruppi di Acquisto Solidale, gli orti urbani, i farmer market, il commercio equo e solidale, ecc.), allo sviluppo della sharing economy (pensiamo a Uber, a Airbnb, agli swap party, al bikesharing, ecc.), ovvero un’economia collaborativa, della condivisione, nelle sue molteplici declinazioni, all’esplosione dei social network guidati dalla logica del dono. Due interessanti indagini sul lessico degli italiani, condotte da Demos&Pi, nel 2011 e nel 2013, testimoniano del manifestarsi di un sentire sempre più ispirato ai cosiddetti “buoni sentimenti” al punto che, tra le “parole di successo”, troviamo “energia pulita, solidarietà e bene comune”. Un mutamento valoriale che trova conferma in una ricerca del Censis, intitolata I valori degli italiani: dall’individualismo alla riscoperta delle relazioni, in cui si evidenzia come dall’esaltazione della soggettività e di valori di tipo soggettivo si passi a una ridefinizione del proprio rapporto con la società e con l’ambiente. Acquista consistenza un fenomeno quale lo slow living, l’associazionismo e il volontariato dimostrano grande vitalità, lo spreco diventa un disvalore, all’ “io voglio tutto” subentra “l’io ho tutto”, nascono, favorite dal web, comunità cementate da passioni e da interessi, da emozioni e da frequentazioni simili. Si assiste dunque a una coevoluzione degli atteggiamenti e dei comportamenti di consumo coerentemente all’emergere di nuovi sistemi di valori. Sorge allora spontanea una domanda, cui il presente studio cerca di rispondere attraverso un attento esame della letteratura di questa forma di comunicazione, nonché attraverso l’analisi di una consistente serie di spot, ovvero: la pubblicità, che è uno degli strumenti fondamentali della comunicazione d’impresa, per mettere in contatto il consumatore col prodotto che racconta nei suoi messaggi, dimostra o meno di recepire e quindi di veicolare in maniera efficace il nuovo sistema di valori che si sta attualmente affermando? È una pubblicità sintonizzata con lo spirito del tempo o le sue narrazioni appartengono a un passato che, coi suoi valori, è ormai lontano dal presente e dal sentire che lo abita? Al fine dunque di verificare la presenza, o meno, del “nuovo” universo valoriale all’interno dei messaggi pubblicitari, si è condotta un’analisi quali-quantitativa. Nello specifico, la ricerca è iniziata nel 2012 e è poi proseguita nel 2014 contando sulle rilevazioni rese disponibili da Sponsorshop (agenzia di monitoraggio pubblicitario), rispettivamente, per il periodo che va dal 5 aprile al 4 luglio 2012 e poi per il periodo che va dal 1 gennaio al 3 marzo 2014. La parte quantitativa consiste nella rilevazione degli spot che sono stati trasmessi, dalla televisione italiana, nell’arco delle 24 ore, sui canali televisivi: Rai1, Rai 2, Italia 1, Canale 5, Rete 4, Sky Fox, Sky Cinema, SKY Sport, La 7, MTV. La scelta di considerare le pubblicità televisive va ricondotta allo spazio tuttora riservato, nella dieta mediale degli italiani, alla televisione i cui contenuti non solo continuano ad essere oggetto di fabulazione nelle chiacchiere quotidiane, ma allargano il loro pubblico estendendolo ai social network, al punto che la televisione diventa social tv. La parte qualitativa si è tradotta nell’analisi del contenuto di una serie di spot, unitamente all’analisi della rappresentazione valoriale, da essi veicolata, alla luce del modello dei valori di Schwartz e collaboratori che, tra l’altro, rappresenta il contributo più recente e interessante allo studio teorico sui valori umani, nonché alla loro indagine empirica. Esso costituisce infatti il risultato di un corposo e rigoroso programma di ricerca, effettuato in più di 60 nazioni di tutto il mondo e su oltre 200 campioni, il che gli conferisce un alto grado di validità e di generalizzabilità. I risultati cui è pervenuta la ricerca dimostrano che, effettivamente, sono individuabili una serie di “linguaggi”, praticati con sempre maggiore frequenza dai messaggi pubblicitari a testimonianza di un concreto ascolto-ricezione, da parte della pubblicità appunto, dei mutamenti intervenuti a livello sociale, economico e culturale. Si tratta di linguaggi animati da quegli stessi valori che nel sociale stanno assumendo sempre più spessore e che nel sistema circomplesso di Schwartz sono designati quali Universalismo e Benevolenza, ascrivibili all’area dell’Autotrascendenza, la cui rappresentazione, nel campione considerato, è dominante. Nello specifico l’Universalismo, secondo lo studioso, è rintracciabile in quei valori che animano atteggiamenti di comprensione e di protezione sia del benessere dell’umanità che della natura: quali, ad esempio, la giustizia, l’uguaglianza, la pace nel mondo, l’altruismo e il rispetto per l’ambiente. La Benevolenza invece riassume quei valori che stimolano gli individui a prendersi cura delle persone con cui hanno frequenti relazioni interpersonali. Secondo Schwartz tali valori sono: la fedeltà e la lealtà, l’onestà, l’essere disponibili, l’essere responsabili, il saper perdonare, la capacità di stringere rapporti di amicizia forti e sinceri e rapporti sentimentali stabili e maturi. Il che non significa disconoscere la presenza, soprattutto nelle narrazioni riferite ad alcune categorie merceologiche, di valori quali il Successo e il Potere, afferenti all’area della Autoaffermazione, tuttavia si vuole evidenziare come, nel campione considerato, siano numericamente inferiori rispetto a quelli ispirati ai valori dell’area della Autotrascendenza.
Pubblicità e valori: nuovi consumi e nuovi messaggi per una società che cambia, 2016.
Pubblicità e valori: nuovi consumi e nuovi messaggi per una società che cambia
Polesana, Maria Angela
2016-01-01
Abstract
La crisi economica, scoppiata nel 2008 è una crisi globale la cui durata e intensità ha finito col provocare mutamenti profondi nelle nostre vite da un punto di vista non solo, appunto, economico, ma anche sociale e culturale. Nello specifico, l’Italia ha sofferto la riduzione dell’occupazione, la frammentazione dei rapporti di lavoro, il declino industriale, la contrazione dei bilanci familiari, nonché la distribuzione del reddito sfavorevole per i ceti popolari e per una parte importante delle classi medie. La durata della crisi ha reso il downsizing dei consumi quasi strutturale, ha cioè esercitato un effetto maieutico rispetto al manifestarsi di una accresciuta consapevolezza, da parte del consumatore, del reale valore che il consumare ha nella sua vita: consumare non rende felici. La profonda delusione/disillusione, rispetto alle grandi promesse del capitalismo e alla utopica concezione del nostro pianeta come fonte inesauribile di risorse, lasciano il posto alla consapevolezza della necessità di un cambiamento radicale del nostro stile di vita. Emergono dunque nuovi sistemi di valori che assegnano importanza al territorio, al rispetto per l’ambiente e per la natura, all’etica e alla trasparenza cui i produttori devono ispirare il loro agire, valori che si traducono in nuove e diverse scelte di consumo. La crisi dei consumi non è stata soltanto quantitativa, ma ha interessato i convincimenti, i desideri, i bisogni e i valori degli individui. Al punto che i consumi esprimono il profilo di un nuovo consumatore, un soggetto che si sente non solo portatore di diritti, ma anche di doveri rispetto agli altri e all’ambiente. A tal proposito si pensi ai consumi verdi, etici e critici (quali i GAS, ossia i Gruppi di Acquisto Solidale, gli orti urbani, i farmer market, il commercio equo e solidale, ecc.), allo sviluppo della sharing economy (pensiamo a Uber, a Airbnb, agli swap party, al bikesharing, ecc.), ovvero un’economia collaborativa, della condivisione, nelle sue molteplici declinazioni, all’esplosione dei social network guidati dalla logica del dono. Due interessanti indagini sul lessico degli italiani, condotte da Demos&Pi, nel 2011 e nel 2013, testimoniano del manifestarsi di un sentire sempre più ispirato ai cosiddetti “buoni sentimenti” al punto che, tra le “parole di successo”, troviamo “energia pulita, solidarietà e bene comune”. Un mutamento valoriale che trova conferma in una ricerca del Censis, intitolata I valori degli italiani: dall’individualismo alla riscoperta delle relazioni, in cui si evidenzia come dall’esaltazione della soggettività e di valori di tipo soggettivo si passi a una ridefinizione del proprio rapporto con la società e con l’ambiente. Acquista consistenza un fenomeno quale lo slow living, l’associazionismo e il volontariato dimostrano grande vitalità, lo spreco diventa un disvalore, all’ “io voglio tutto” subentra “l’io ho tutto”, nascono, favorite dal web, comunità cementate da passioni e da interessi, da emozioni e da frequentazioni simili. Si assiste dunque a una coevoluzione degli atteggiamenti e dei comportamenti di consumo coerentemente all’emergere di nuovi sistemi di valori. Sorge allora spontanea una domanda, cui il presente studio cerca di rispondere attraverso un attento esame della letteratura di questa forma di comunicazione, nonché attraverso l’analisi di una consistente serie di spot, ovvero: la pubblicità, che è uno degli strumenti fondamentali della comunicazione d’impresa, per mettere in contatto il consumatore col prodotto che racconta nei suoi messaggi, dimostra o meno di recepire e quindi di veicolare in maniera efficace il nuovo sistema di valori che si sta attualmente affermando? È una pubblicità sintonizzata con lo spirito del tempo o le sue narrazioni appartengono a un passato che, coi suoi valori, è ormai lontano dal presente e dal sentire che lo abita? Al fine dunque di verificare la presenza, o meno, del “nuovo” universo valoriale all’interno dei messaggi pubblicitari, si è condotta un’analisi quali-quantitativa. Nello specifico, la ricerca è iniziata nel 2012 e è poi proseguita nel 2014 contando sulle rilevazioni rese disponibili da Sponsorshop (agenzia di monitoraggio pubblicitario), rispettivamente, per il periodo che va dal 5 aprile al 4 luglio 2012 e poi per il periodo che va dal 1 gennaio al 3 marzo 2014. La parte quantitativa consiste nella rilevazione degli spot che sono stati trasmessi, dalla televisione italiana, nell’arco delle 24 ore, sui canali televisivi: Rai1, Rai 2, Italia 1, Canale 5, Rete 4, Sky Fox, Sky Cinema, SKY Sport, La 7, MTV. La scelta di considerare le pubblicità televisive va ricondotta allo spazio tuttora riservato, nella dieta mediale degli italiani, alla televisione i cui contenuti non solo continuano ad essere oggetto di fabulazione nelle chiacchiere quotidiane, ma allargano il loro pubblico estendendolo ai social network, al punto che la televisione diventa social tv. La parte qualitativa si è tradotta nell’analisi del contenuto di una serie di spot, unitamente all’analisi della rappresentazione valoriale, da essi veicolata, alla luce del modello dei valori di Schwartz e collaboratori che, tra l’altro, rappresenta il contributo più recente e interessante allo studio teorico sui valori umani, nonché alla loro indagine empirica. Esso costituisce infatti il risultato di un corposo e rigoroso programma di ricerca, effettuato in più di 60 nazioni di tutto il mondo e su oltre 200 campioni, il che gli conferisce un alto grado di validità e di generalizzabilità. I risultati cui è pervenuta la ricerca dimostrano che, effettivamente, sono individuabili una serie di “linguaggi”, praticati con sempre maggiore frequenza dai messaggi pubblicitari a testimonianza di un concreto ascolto-ricezione, da parte della pubblicità appunto, dei mutamenti intervenuti a livello sociale, economico e culturale. Si tratta di linguaggi animati da quegli stessi valori che nel sociale stanno assumendo sempre più spessore e che nel sistema circomplesso di Schwartz sono designati quali Universalismo e Benevolenza, ascrivibili all’area dell’Autotrascendenza, la cui rappresentazione, nel campione considerato, è dominante. Nello specifico l’Universalismo, secondo lo studioso, è rintracciabile in quei valori che animano atteggiamenti di comprensione e di protezione sia del benessere dell’umanità che della natura: quali, ad esempio, la giustizia, l’uguaglianza, la pace nel mondo, l’altruismo e il rispetto per l’ambiente. La Benevolenza invece riassume quei valori che stimolano gli individui a prendersi cura delle persone con cui hanno frequenti relazioni interpersonali. Secondo Schwartz tali valori sono: la fedeltà e la lealtà, l’onestà, l’essere disponibili, l’essere responsabili, il saper perdonare, la capacità di stringere rapporti di amicizia forti e sinceri e rapporti sentimentali stabili e maturi. Il che non significa disconoscere la presenza, soprattutto nelle narrazioni riferite ad alcune categorie merceologiche, di valori quali il Successo e il Potere, afferenti all’area della Autoaffermazione, tuttavia si vuole evidenziare come, nel campione considerato, siano numericamente inferiori rispetto a quelli ispirati ai valori dell’area della Autotrascendenza.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.