Durante una passeggiata Arnold Schönberg profetizzò che la dodecafonia, invenzione risalente alla fase tra le due guerre mondiali, avrebbe assicurato alla musica tedesca la supremazia per i successivi cento anni. Di fatto, al di là degli aneddoti e a prescindere dai nazionalismi, è accaduto invece che poi – dopo che altre tendenze innovative hanno scosso la prospettiva della musica accademica occidentale, dal serialismo integrale all'alea, dall'elettronica al gestualismo, dalla voga generale del timbrismo alle commistioni stilistiche più varie – la dodecafonia si è pressoché estinta. Già negli anni Sessanta la dodecafonia era un relitto chiacchierato ma ormai svalutato, mentre solo pochi anni prima, nel secondo dopoguerra, aveva vissuto la sua fulminante stagione in cui tutti, perfino ex-oppositori illustri come Igor Stravinskij, la adottavano, se non altro come misura di superficiale aggiornamento tecnico-stilistico. In profondità, invero, la dodecafonia aveva già ricevuto le critiche più micidiali da parte di Theodor W. Adorno nel 1949, nella Philosophie der neuen Musik (ma la parte su Schönberg era già pronta nel 1941). I cui argomenti tutti i detrattori successivi riprenderanno (certo con minore incisività teorica): «Il nuovo ordine della dodecafonia estingue virtualmente il soggetto», lo degrada a “schiavo del materiale”; «l'esattezza della musica dodecafonica non si può percepire all'ascolto: questa è la definizione più semplice per quell'elemento di assurdo che è in essa». Dopo il 1980, tuttavia, in modo imprevedibile due compositori italiani di prima grandezza, Gilberto Cappelli (1952) e Federico Incardona (1958-2006), riadottano il dispositivo dodecafonico, non in un'operazione restaurativa ma al contrario rigenerandolo come strumento per una nuova intensificazione ed espansione dei poteri espressivi della musica. Tengono conto dei rilievi teorico-critici di Adorno, da una parte, e dall'altra delle varie possibilità stilistiche profilatesi nel panorama della composizione nell'ultimo mezzo secolo. Nuovo e inaudito impulso è dato così, proprio mediante la serie di dodici suoni, al senso degli intervalli, al melos perciò e all'armonia, sia pure in regime modernisticamente atonale. Il volume studia quest'ultimo stadio della dodecafonia (definita “postseriale”) nell'intreccio delle varie dimensioni costitutive della musica, dai livelli elementari (altezze, durate, timbro ecc.) a quelli più complessi (dissonanza, armonia, fraseggio, figura, elaborazione, forma). Ma sempre l'approccio tecnico musicologico è orientato in modo non tecnicistico bensì generalmente umanistico, secondo il principio di interrogare la musica nelle sue più vaste possibilità di senso. Con quest'intenzione è svolto anche il dialogo con Adorno – principale critico della dodecafonia e, per questo, pungolo più efficace per i compositori che la adottano –, il cui pensiero non è trattato solo mediante l'analisi o la parafrasi, ma reagendo alle sue istanze vive nel dibattito della composizione contemporanea.
Dodecafonia postseriale: Gilberto Cappelli e Federico Incardona, 2013.
Dodecafonia postseriale: Gilberto Cappelli e Federico Incardona
Lombardi Vallauri, Stefano
2013-01-01
Abstract
Durante una passeggiata Arnold Schönberg profetizzò che la dodecafonia, invenzione risalente alla fase tra le due guerre mondiali, avrebbe assicurato alla musica tedesca la supremazia per i successivi cento anni. Di fatto, al di là degli aneddoti e a prescindere dai nazionalismi, è accaduto invece che poi – dopo che altre tendenze innovative hanno scosso la prospettiva della musica accademica occidentale, dal serialismo integrale all'alea, dall'elettronica al gestualismo, dalla voga generale del timbrismo alle commistioni stilistiche più varie – la dodecafonia si è pressoché estinta. Già negli anni Sessanta la dodecafonia era un relitto chiacchierato ma ormai svalutato, mentre solo pochi anni prima, nel secondo dopoguerra, aveva vissuto la sua fulminante stagione in cui tutti, perfino ex-oppositori illustri come Igor Stravinskij, la adottavano, se non altro come misura di superficiale aggiornamento tecnico-stilistico. In profondità, invero, la dodecafonia aveva già ricevuto le critiche più micidiali da parte di Theodor W. Adorno nel 1949, nella Philosophie der neuen Musik (ma la parte su Schönberg era già pronta nel 1941). I cui argomenti tutti i detrattori successivi riprenderanno (certo con minore incisività teorica): «Il nuovo ordine della dodecafonia estingue virtualmente il soggetto», lo degrada a “schiavo del materiale”; «l'esattezza della musica dodecafonica non si può percepire all'ascolto: questa è la definizione più semplice per quell'elemento di assurdo che è in essa». Dopo il 1980, tuttavia, in modo imprevedibile due compositori italiani di prima grandezza, Gilberto Cappelli (1952) e Federico Incardona (1958-2006), riadottano il dispositivo dodecafonico, non in un'operazione restaurativa ma al contrario rigenerandolo come strumento per una nuova intensificazione ed espansione dei poteri espressivi della musica. Tengono conto dei rilievi teorico-critici di Adorno, da una parte, e dall'altra delle varie possibilità stilistiche profilatesi nel panorama della composizione nell'ultimo mezzo secolo. Nuovo e inaudito impulso è dato così, proprio mediante la serie di dodici suoni, al senso degli intervalli, al melos perciò e all'armonia, sia pure in regime modernisticamente atonale. Il volume studia quest'ultimo stadio della dodecafonia (definita “postseriale”) nell'intreccio delle varie dimensioni costitutive della musica, dai livelli elementari (altezze, durate, timbro ecc.) a quelli più complessi (dissonanza, armonia, fraseggio, figura, elaborazione, forma). Ma sempre l'approccio tecnico musicologico è orientato in modo non tecnicistico bensì generalmente umanistico, secondo il principio di interrogare la musica nelle sue più vaste possibilità di senso. Con quest'intenzione è svolto anche il dialogo con Adorno – principale critico della dodecafonia e, per questo, pungolo più efficace per i compositori che la adottano –, il cui pensiero non è trattato solo mediante l'analisi o la parafrasi, ma reagendo alle sue istanze vive nel dibattito della composizione contemporanea.File | Dimensione | Formato | |
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