Il volume analizza le relazioni tra melodramma e sogno a due livelli. A livello strutturale (capitoli I-II): il melodramma, esteriorizzando i conflitti della psiche, dà origine a un dramma di puri segni psichici che, interagendo, creano uno spazio semantico simile a quello del testo onirico. L’universo melodrammatico, analogamente a quello del sogno, appare come una regione dell’essere dove si celano desideri elementari e tabù. Il rapporto tra significato celato (desideri e tabù) e significato evidente (relazioni tra personaggi) del testo melodrammatico, come quello tra contenuto latente e contenuto manifesto del sogno, richiama la corrispondenza naturalmente imperfetta tra due esposizioni dello stesso contenuto in due lingue diverse: confrontando l’originale con la traduzione, dobbiamo imparare a conoscere lessico e sintassi della lingua di arrivo. A livello storico (capitoli III-VI): il melodramma, lungo i quasi quattro secoli della sua storia, da La finta pazza Licori (1627) di Monteverdi a Death in Venice (1973) di Britten, ha puntualmente ingiunto ai suoi personaggi di sognare o di raccontare i loro sogni, costringendoli a esporsi nel momento della loro massima privacy. Il sogno del personaggio alimenta sempre una costruzione mitica, il racconto (mythos) di sogno, che induce il lettore/spettatore a tentare di afferrare il significato celato cancellando ogni residuo ininterpretabile. A volte quello svelamento facilita la comprensione della storia entro cui si muove il personaggio; a volte ne rilancia la suspense ricapitolando l’azione del personaggio o indiziandone il movente; a volte si dà come il germe di un’azione futura. In ogni caso contribuisce a fare in modo che il personaggio, apparso sulle prime come un semplice burattino verbale, venga a costituire un insieme organico e coerente, imponendosi al lettore come manifestazione di una determinata personalità, anche (o forse soprattutto) quando la chiara designazione del contenuto del sogno incontra la resistenza di un residuo che non si lascia bonificare, incagliandosi in quello che Freud definiva il punto dove il sogno si mostra insondabile, quasi un ombelico attraverso il quale esso è congiunto con l’ignoto.
Il sogno all'opera: racconti onirici e testi melodrammatici, 2010.
Il sogno all'opera: racconti onirici e testi melodrammatici
Vittorini, Fabio
2010-01-01
Abstract
Il volume analizza le relazioni tra melodramma e sogno a due livelli. A livello strutturale (capitoli I-II): il melodramma, esteriorizzando i conflitti della psiche, dà origine a un dramma di puri segni psichici che, interagendo, creano uno spazio semantico simile a quello del testo onirico. L’universo melodrammatico, analogamente a quello del sogno, appare come una regione dell’essere dove si celano desideri elementari e tabù. Il rapporto tra significato celato (desideri e tabù) e significato evidente (relazioni tra personaggi) del testo melodrammatico, come quello tra contenuto latente e contenuto manifesto del sogno, richiama la corrispondenza naturalmente imperfetta tra due esposizioni dello stesso contenuto in due lingue diverse: confrontando l’originale con la traduzione, dobbiamo imparare a conoscere lessico e sintassi della lingua di arrivo. A livello storico (capitoli III-VI): il melodramma, lungo i quasi quattro secoli della sua storia, da La finta pazza Licori (1627) di Monteverdi a Death in Venice (1973) di Britten, ha puntualmente ingiunto ai suoi personaggi di sognare o di raccontare i loro sogni, costringendoli a esporsi nel momento della loro massima privacy. Il sogno del personaggio alimenta sempre una costruzione mitica, il racconto (mythos) di sogno, che induce il lettore/spettatore a tentare di afferrare il significato celato cancellando ogni residuo ininterpretabile. A volte quello svelamento facilita la comprensione della storia entro cui si muove il personaggio; a volte ne rilancia la suspense ricapitolando l’azione del personaggio o indiziandone il movente; a volte si dà come il germe di un’azione futura. In ogni caso contribuisce a fare in modo che il personaggio, apparso sulle prime come un semplice burattino verbale, venga a costituire un insieme organico e coerente, imponendosi al lettore come manifestazione di una determinata personalità, anche (o forse soprattutto) quando la chiara designazione del contenuto del sogno incontra la resistenza di un residuo che non si lascia bonificare, incagliandosi in quello che Freud definiva il punto dove il sogno si mostra insondabile, quasi un ombelico attraverso il quale esso è congiunto con l’ignoto.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.