Il cuore di questo intervento prende il via da un triennio cruciale per la storia del continente americano e per la più generale ridefinizione degli scenari internazionali: quello compreso tra il 1979 e il 1981. Qui si colloca infatti il cuore dell’incontro tra il cardinale Casaroli e l’America indigena, dopo un lungo processo di avvicinamento e riscoperta culturale. Al contempo si cercherà però di lanciare qualche suggestione su una serie di elementi che attingono ad un passato molto più antico, riproponendo un confronto a distanza con un mondo dai tempi plurimi, come quello indigeno e mestizo mesoamericano, e con la sua capacità di rielaborazione della memoria attraverso propri piani temporali e canali di riferimento storico-culturale non necessariamente corrispondenti a quelli della tradizione eurocentrica. Seguendo l'itinerario centroamericano (tra Messico, El Salvador, Nicaragua e Guatemala) del segretario di Stato vaticano, si assiste a un incontro tra percorsi diplomatici, riflessioni religiose e spirituali, dinamiche regionali della fase finale del bipolarismo. In particolare dall’incontro tra il cardinale Casaroli, e l’America indigena, emergono elementi storiografici piuttosto innovativi e rilventi per poter intendere le mutazioni profonde delle politiche vaticane. Perché dunque questa periodizzazione? Il triennio in questione è quello che si apre nel gennaio del 1979 con il viaggio di Giovanni Paolo II in Messico in occasione della III Assemblea della Conferenza episcopale latinoamericana (Celam) a Puebla - il primo del pontefice venuto dall’Est - e si chiude idealmente nel dicembre del 1981 con le celebrazioni solenni per il 450° anniversario dell’apparizione della vergine di Guadalupe, la morenita del Tepeyac, all’indigeno di lingua náhuatl (quella degli aztechi), conosciuto come Juan Diego Cuauhtlaoatzín e al tempo non ancora beatificato. Il cardinale Casaroli, che seguiva con attenzione particolare le vicende latinoamericane fin dagli anni Cinquanta, quando si era fatto le ossa come minutante nella Segreteria di Stato vaticana – un interesse poi corroborato dagli incontri fatti a Roma nella stagione del Concilio Vaticano II (tra gli altri con personaggi quali dom Helder Câmara e mons. Sergio Méndez Arceo) e dal suo contributo diretto, a fianco di mons. Antonio Samoré, all’evoluzione del Celam - fu testimone «privilegiato» di entrambi gli eventi e del secondo ne fu anzi un assoluto protagonista. All’epoca della Conferenza di Puebla, Casaroli era segretario del Consiglio degli affari pubblici della Chiesa; cinque mesi dopo la chiusura dei lavori della conferenza sarebbe stato invece elevato a cardinale e quindi Segretario di Stato, incarico cui avrebbe eccezionalmente sommato, in occasione del viaggio guadalupano anche quello di legato pontificio. Due missioni, quella di Puebla e quella di Città del Messico, intrise di significati molteplici: diplomatici (i rapporti tra lo Stato più marcatamente «anticlericale» di inizio Novecento e la S. Sede non si erano infatti ancora pienamente ricomposti) ma allo stesso tempo ecclesiali, pastorali e perfino spirituali, nella stagione che segnò l’avvio del «riflusso» dei fermenti sociali postconciliari esplosi a Medellín e l’isolamento dei più noti portavoce di quell’articolato fenomeno che era stato, forse troppo sbrigativamente, rinchiuso dentro all’etichetta di «teologia della liberazione».

Casaroli, l'America indigena e la spiritualità guadalupana, 2006.

Casaroli, l'America indigena e la spiritualità guadalupana

De Giuseppe, Massimo
2006-01-01

Abstract

Il cuore di questo intervento prende il via da un triennio cruciale per la storia del continente americano e per la più generale ridefinizione degli scenari internazionali: quello compreso tra il 1979 e il 1981. Qui si colloca infatti il cuore dell’incontro tra il cardinale Casaroli e l’America indigena, dopo un lungo processo di avvicinamento e riscoperta culturale. Al contempo si cercherà però di lanciare qualche suggestione su una serie di elementi che attingono ad un passato molto più antico, riproponendo un confronto a distanza con un mondo dai tempi plurimi, come quello indigeno e mestizo mesoamericano, e con la sua capacità di rielaborazione della memoria attraverso propri piani temporali e canali di riferimento storico-culturale non necessariamente corrispondenti a quelli della tradizione eurocentrica. Seguendo l'itinerario centroamericano (tra Messico, El Salvador, Nicaragua e Guatemala) del segretario di Stato vaticano, si assiste a un incontro tra percorsi diplomatici, riflessioni religiose e spirituali, dinamiche regionali della fase finale del bipolarismo. In particolare dall’incontro tra il cardinale Casaroli, e l’America indigena, emergono elementi storiografici piuttosto innovativi e rilventi per poter intendere le mutazioni profonde delle politiche vaticane. Perché dunque questa periodizzazione? Il triennio in questione è quello che si apre nel gennaio del 1979 con il viaggio di Giovanni Paolo II in Messico in occasione della III Assemblea della Conferenza episcopale latinoamericana (Celam) a Puebla - il primo del pontefice venuto dall’Est - e si chiude idealmente nel dicembre del 1981 con le celebrazioni solenni per il 450° anniversario dell’apparizione della vergine di Guadalupe, la morenita del Tepeyac, all’indigeno di lingua náhuatl (quella degli aztechi), conosciuto come Juan Diego Cuauhtlaoatzín e al tempo non ancora beatificato. Il cardinale Casaroli, che seguiva con attenzione particolare le vicende latinoamericane fin dagli anni Cinquanta, quando si era fatto le ossa come minutante nella Segreteria di Stato vaticana – un interesse poi corroborato dagli incontri fatti a Roma nella stagione del Concilio Vaticano II (tra gli altri con personaggi quali dom Helder Câmara e mons. Sergio Méndez Arceo) e dal suo contributo diretto, a fianco di mons. Antonio Samoré, all’evoluzione del Celam - fu testimone «privilegiato» di entrambi gli eventi e del secondo ne fu anzi un assoluto protagonista. All’epoca della Conferenza di Puebla, Casaroli era segretario del Consiglio degli affari pubblici della Chiesa; cinque mesi dopo la chiusura dei lavori della conferenza sarebbe stato invece elevato a cardinale e quindi Segretario di Stato, incarico cui avrebbe eccezionalmente sommato, in occasione del viaggio guadalupano anche quello di legato pontificio. Due missioni, quella di Puebla e quella di Città del Messico, intrise di significati molteplici: diplomatici (i rapporti tra lo Stato più marcatamente «anticlericale» di inizio Novecento e la S. Sede non si erano infatti ancora pienamente ricomposti) ma allo stesso tempo ecclesiali, pastorali e perfino spirituali, nella stagione che segnò l’avvio del «riflusso» dei fermenti sociali postconciliari esplosi a Medellín e l’isolamento dei più noti portavoce di quell’articolato fenomeno che era stato, forse troppo sbrigativamente, rinchiuso dentro all’etichetta di «teologia della liberazione».
Italiano
2006
Melloni Alberto: Scatenza Silvia
237
321
85
88-15-11034-8
88-15-11034-8
Italy
Bologna
comitato scientifico
internazionale
A stampa
Settore M-STO/04 - Storia Contemporanea
Settore M-STO/07 - Storia Del Cristianesimo E Delle Chiese
Settore SPS/05 - Storia E Istituzioni Delle Americhe
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