La ricerca realizzata ha preso in esame il processo decisionale del vino, focalizzandosi in particolar modo sul ruolo che ha l’aspetto estetico del packaging. Si è deciso da un lato di prendere a oggetto di studio questo prodotto, in quanto connotato da una elevata percezione di rischio. Dall’altro, si è ristretto l’ambito decisionale al solo packaging, poiché è un elemento che assume un ruolo del tutto peculiare e fondamentale nel processo decisionale di questo prodotto. Bottiglie con soluzioni estetiche gradite hanno infatti una maggiore probabilità di essere scelte, una maggiore disponibilità a pagare (DAP) e una maggiore propensione all’acquisto. Lo studio parte da un gap di ricerca. Sino ad oggi, la ricerca sul vino in generale e sul suo packaging nello specifico, ha adottato metodi di ricerca tradizionali quali i self report o i questionari, che la ricerca stessa, ha evidenziato avere il limite di cogliere soltanto la parte razionale e consapevole dei processi decisionali. Partendo da questa premessa, l’approccio che si è utilizzato in questa ricerca ha combinato le metodologie di ricerca classica con la metodologia di neuromarketing, permettendo così di esplorare con maggiore affidabilità la tematica di ricerca. La ricerca si è svolta a Milano e a Copenaghen. Si è deciso di confrontare questi due gruppi di partecipanti (millenials e tutti consumatori di vino) perché caratterizzati da abitudini di consumo radicalmente differenti. Da un lato, l’Italia in cui il consumo di vino è un elemento culturale tipico e dall’altro la Danimarca in cui questo prodotto ha un ruolo del tutto marginale negli stili di consumo. Lo studio ha previsto due fasi. Una prima fase (316 partecipanti, 146 danesi e 170 italiani), finalizzata a raccogliere le abitudini di consumo dei rispettivi gruppi di ricerca e a classificare in termini di moderno e tradizionale (la classificazione più comune che si segue per definire il packaging del vino) le soluzioni grafiche realizzate per essere poi usate nella seconda fase della ricerca. La seconda fase (120 partecipanti, 52 danesi e 68 italiani), si è svolta presso due centri di ricerca dell’Università IULM e della Copenaghen Business School. In questa seconda fase i partecipanti sono stati profilati per livello di conoscenza (basso) e di coinvolgimento (basso) verso questo prodotto. Si è optato per questo target per diversi motivi: perché rappresentativo del consumatore medio, perché è un segmento di consumatori in forte crescita e infine perché per questi consumatori il packaging è importante quanto il prodotto stesso. Il protocollo di ricerca prevedeva la somministrazione di un totale di 24 soluzioni grafiche di packaging, combinate tra loro a coppie, abbinando una soluzione grafica moderna a una tradizionale. Il partecipante aveva 4 secondi per esprimere la preferenza di scelta rispetto a ciascuna delle 12 coppie di soluzioni grafiche. I dati eye tracking e di attivazione fisiologica (SC) sono stati raccolti durante questa fase. Successivamente il partecipante compilava un questionario finalizzato a cogliere per ciascuna soluzione grafica: il gradimento, la propensione all’acquisto e la disponibilità a pagare. Gli obiettivi della ricerca erano due. Il primo verificare se target differenti (per genere e nazionalità) avevano preferenze differenti rispetto alle soluzioni grafiche testate. In particolare le ipotesi di ricerca, derivate da questo primo obiettivo erano due e ipotizzavano rispettivamente che i partecipanti danesi e le partecipanti donne avessero una preferenza maggiore per soluzioni grafiche moderne. Il secondo obiettivo era quello di esplorare il processo decisionale, analizzando in particolar modo la difficoltà nel portare a termine la scelta. Sono state definite due ipotesi di ricerca che ipotizzavano una maggiore difficoltà decisionale per partecipanti danesi e partecipanti donne. I risultati non hanno confermato le prime due ipotesi. Tutti i partecipanti, indiscriminatamente da sesso o nazionalità hanno espresso una netta preferenza per le soluzioni grafiche tradizionali, risultati supportati sia dai dati indiretti eye tracking (la cui analisi ha adottato come framework teorico il gaze bias effect) che dai dati verbali dei self report. Differenze significative e in linea con le ultime due ipotesi di ricerca sono state invece trovate per quanto riguarda il processo decisionale.
Il ruolo del wine packaging nel processo decisionale: confronto tra consumatori danesi e italiani integrando metodologia tradizionale e di neuromarketing
CICERI, ANDREA
2017-09-01
Abstract
La ricerca realizzata ha preso in esame il processo decisionale del vino, focalizzandosi in particolar modo sul ruolo che ha l’aspetto estetico del packaging. Si è deciso da un lato di prendere a oggetto di studio questo prodotto, in quanto connotato da una elevata percezione di rischio. Dall’altro, si è ristretto l’ambito decisionale al solo packaging, poiché è un elemento che assume un ruolo del tutto peculiare e fondamentale nel processo decisionale di questo prodotto. Bottiglie con soluzioni estetiche gradite hanno infatti una maggiore probabilità di essere scelte, una maggiore disponibilità a pagare (DAP) e una maggiore propensione all’acquisto. Lo studio parte da un gap di ricerca. Sino ad oggi, la ricerca sul vino in generale e sul suo packaging nello specifico, ha adottato metodi di ricerca tradizionali quali i self report o i questionari, che la ricerca stessa, ha evidenziato avere il limite di cogliere soltanto la parte razionale e consapevole dei processi decisionali. Partendo da questa premessa, l’approccio che si è utilizzato in questa ricerca ha combinato le metodologie di ricerca classica con la metodologia di neuromarketing, permettendo così di esplorare con maggiore affidabilità la tematica di ricerca. La ricerca si è svolta a Milano e a Copenaghen. Si è deciso di confrontare questi due gruppi di partecipanti (millenials e tutti consumatori di vino) perché caratterizzati da abitudini di consumo radicalmente differenti. Da un lato, l’Italia in cui il consumo di vino è un elemento culturale tipico e dall’altro la Danimarca in cui questo prodotto ha un ruolo del tutto marginale negli stili di consumo. Lo studio ha previsto due fasi. Una prima fase (316 partecipanti, 146 danesi e 170 italiani), finalizzata a raccogliere le abitudini di consumo dei rispettivi gruppi di ricerca e a classificare in termini di moderno e tradizionale (la classificazione più comune che si segue per definire il packaging del vino) le soluzioni grafiche realizzate per essere poi usate nella seconda fase della ricerca. La seconda fase (120 partecipanti, 52 danesi e 68 italiani), si è svolta presso due centri di ricerca dell’Università IULM e della Copenaghen Business School. In questa seconda fase i partecipanti sono stati profilati per livello di conoscenza (basso) e di coinvolgimento (basso) verso questo prodotto. Si è optato per questo target per diversi motivi: perché rappresentativo del consumatore medio, perché è un segmento di consumatori in forte crescita e infine perché per questi consumatori il packaging è importante quanto il prodotto stesso. Il protocollo di ricerca prevedeva la somministrazione di un totale di 24 soluzioni grafiche di packaging, combinate tra loro a coppie, abbinando una soluzione grafica moderna a una tradizionale. Il partecipante aveva 4 secondi per esprimere la preferenza di scelta rispetto a ciascuna delle 12 coppie di soluzioni grafiche. I dati eye tracking e di attivazione fisiologica (SC) sono stati raccolti durante questa fase. Successivamente il partecipante compilava un questionario finalizzato a cogliere per ciascuna soluzione grafica: il gradimento, la propensione all’acquisto e la disponibilità a pagare. Gli obiettivi della ricerca erano due. Il primo verificare se target differenti (per genere e nazionalità) avevano preferenze differenti rispetto alle soluzioni grafiche testate. In particolare le ipotesi di ricerca, derivate da questo primo obiettivo erano due e ipotizzavano rispettivamente che i partecipanti danesi e le partecipanti donne avessero una preferenza maggiore per soluzioni grafiche moderne. Il secondo obiettivo era quello di esplorare il processo decisionale, analizzando in particolar modo la difficoltà nel portare a termine la scelta. Sono state definite due ipotesi di ricerca che ipotizzavano una maggiore difficoltà decisionale per partecipanti danesi e partecipanti donne. I risultati non hanno confermato le prime due ipotesi. Tutti i partecipanti, indiscriminatamente da sesso o nazionalità hanno espresso una netta preferenza per le soluzioni grafiche tradizionali, risultati supportati sia dai dati indiretti eye tracking (la cui analisi ha adottato come framework teorico il gaze bias effect) che dai dati verbali dei self report. Differenze significative e in linea con le ultime due ipotesi di ricerca sono state invece trovate per quanto riguarda il processo decisionale.File | Dimensione | Formato | |
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