All’inizio del nuovo millennio la televisione italiana subisce una profonda metamorfosi, che si può riassumere in un aumento esponenziale dell’offerta e delle piattaforme, nella differenziazione delle modalità di consumo, nella dialettica fra vecchi e nuovi contenuti, nella modifica sostanziale delle dinamiche del mercato sia interno che internazionale. Dagli otto canali generalisti della fine degli anni Novanta, si passa ad un’offerta quasi illimitata di contenuti distribuiti su reti generaliste, mini-generaliste e tematiche rese disponibili sia sul digitale terrestre, sia sul digitale satellitare, in modalità free o pay (Grasso e Scaglioni 2010; Scaglioni 2011). Il pubblico segmentato dalle classiche variabili sociodemografiche del sistema Auditel si trasforma in un pulviscolo di gusti e pratiche spesso sfuggenti, che spingono reti, produttori e investitori a misurarsi con la domanda di contenuti e generi nuovi, pensati per pubblici esperti, frammentati ed esigenti, oltre che con la difficile contrapposizione fra mainstream e nicchia. Come spesso accade nella storia dei media, la rapidità di questa fase fa riemergere la polarizzazione fra apocalittici e integrati. I primi preconizzano la dissoluzione della tv tradizionale nella cosiddetta “coda lunga” (Anderson 2006), cioè la “massa di nicchie” personalizzate e su misura che polverizzano e rendono inafferrabili contenuti e modalità di consumo. I secondi accolgono entusiasticamente la plasticità e l’espansione dei contenuti rese possibili dalla convergenza (Jenkins 2006), che frantuma i confini classici del “testo” sottraendoli a catalogazioni e tassonomie sempre più obsolete. Nelle pagine che seguono proveremo a restituire almeno in parte una complessità che rientra a fatica nei limiti di questo contributo. Parallelamente alla messa a fuoco dei mutamenti strutturali, utilizzeremo il punto di osservazione rappresentato dal mutamento dei contenuti e dei generi nell’ultimo quindicennio.
La televisione: scenari e contenuti, 2016.
La televisione: scenari e contenuti
CARDINI, DANIELA
2016-01-01
Abstract
All’inizio del nuovo millennio la televisione italiana subisce una profonda metamorfosi, che si può riassumere in un aumento esponenziale dell’offerta e delle piattaforme, nella differenziazione delle modalità di consumo, nella dialettica fra vecchi e nuovi contenuti, nella modifica sostanziale delle dinamiche del mercato sia interno che internazionale. Dagli otto canali generalisti della fine degli anni Novanta, si passa ad un’offerta quasi illimitata di contenuti distribuiti su reti generaliste, mini-generaliste e tematiche rese disponibili sia sul digitale terrestre, sia sul digitale satellitare, in modalità free o pay (Grasso e Scaglioni 2010; Scaglioni 2011). Il pubblico segmentato dalle classiche variabili sociodemografiche del sistema Auditel si trasforma in un pulviscolo di gusti e pratiche spesso sfuggenti, che spingono reti, produttori e investitori a misurarsi con la domanda di contenuti e generi nuovi, pensati per pubblici esperti, frammentati ed esigenti, oltre che con la difficile contrapposizione fra mainstream e nicchia. Come spesso accade nella storia dei media, la rapidità di questa fase fa riemergere la polarizzazione fra apocalittici e integrati. I primi preconizzano la dissoluzione della tv tradizionale nella cosiddetta “coda lunga” (Anderson 2006), cioè la “massa di nicchie” personalizzate e su misura che polverizzano e rendono inafferrabili contenuti e modalità di consumo. I secondi accolgono entusiasticamente la plasticità e l’espansione dei contenuti rese possibili dalla convergenza (Jenkins 2006), che frantuma i confini classici del “testo” sottraendoli a catalogazioni e tassonomie sempre più obsolete. Nelle pagine che seguono proveremo a restituire almeno in parte una complessità che rientra a fatica nei limiti di questo contributo. Parallelamente alla messa a fuoco dei mutamenti strutturali, utilizzeremo il punto di osservazione rappresentato dal mutamento dei contenuti e dei generi nell’ultimo quindicennio.File | Dimensione | Formato | |
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