Il saggio analizza il ruolo degli oggetti nella scrittura cinematografica, individuandone il peso determinante nello “spettacolo della visione”. Il cinema, scrittura del sensibile, ha un rapporto naturale e costitutivo con gli oggetti, che pure mantengono una qualità misteriosa, come il residuo ostinato di un’alterità non pienamente afferrabile. Proprio questa dimensione sfuggente e enigmatica dà corpo all’esperienza moderna di un mondo tanto evidente quanto inafferrabile, di cui il cinema restituisce pienamente la complessità. Dagli oggetti come pura attrazione nel cinema delle origini – minaccia alla “misura” della rappresentazione e dell’immagine – alla redenzione sensibile delle cose operata dalle avanguardie storiche – nei cui film gli oggetti, deformati e ingigantiti, divengono pure presenze, libere da ogni dipendenza realistica – il saggio ricostruisce, nella prima parte, le funzioni e gli ordini storici in cui si è definita la presenza degli oggetti nel cinema. Nella seconda parte, si analizza la produzione degli anni sessanta di Marco Ferreri, in cui le cose - merci, feticci o rovine - divengono la spia della catastrofe del mondo. Nei film di Ferreri emerge chiaramente tanto la ricchezza simbolica e la capacità di significazione degli oggetti, quanto la loro evidenza sensibile, quella sostanza “ottusa” della materia che il cinema riesce a rivelare. Più che il reale, nell’oggetto si deposita una certa conoscenza del reale, una certa modalità di relazione con il mondo, ma anche una precisa tradizione iconografica e culturale che costruisce l’ordine della memoria del nostro sguardo. È questa dimensione riflessa, mediata dai discorsi, che per lo più ritroviamo nell’uso che il cinema fa degli oggetti.
L' enigma delle cose: gli oggetti e la catastrofe della Storia nel cinema di Marco Ferreri degli anni sessanta, 2007.
L' enigma delle cose: gli oggetti e la catastrofe della Storia nel cinema di Marco Ferreri degli anni sessanta
Farinotti, Luisella
2007-01-01
Abstract
Il saggio analizza il ruolo degli oggetti nella scrittura cinematografica, individuandone il peso determinante nello “spettacolo della visione”. Il cinema, scrittura del sensibile, ha un rapporto naturale e costitutivo con gli oggetti, che pure mantengono una qualità misteriosa, come il residuo ostinato di un’alterità non pienamente afferrabile. Proprio questa dimensione sfuggente e enigmatica dà corpo all’esperienza moderna di un mondo tanto evidente quanto inafferrabile, di cui il cinema restituisce pienamente la complessità. Dagli oggetti come pura attrazione nel cinema delle origini – minaccia alla “misura” della rappresentazione e dell’immagine – alla redenzione sensibile delle cose operata dalle avanguardie storiche – nei cui film gli oggetti, deformati e ingigantiti, divengono pure presenze, libere da ogni dipendenza realistica – il saggio ricostruisce, nella prima parte, le funzioni e gli ordini storici in cui si è definita la presenza degli oggetti nel cinema. Nella seconda parte, si analizza la produzione degli anni sessanta di Marco Ferreri, in cui le cose - merci, feticci o rovine - divengono la spia della catastrofe del mondo. Nei film di Ferreri emerge chiaramente tanto la ricchezza simbolica e la capacità di significazione degli oggetti, quanto la loro evidenza sensibile, quella sostanza “ottusa” della materia che il cinema riesce a rivelare. Più che il reale, nell’oggetto si deposita una certa conoscenza del reale, una certa modalità di relazione con il mondo, ma anche una precisa tradizione iconografica e culturale che costruisce l’ordine della memoria del nostro sguardo. È questa dimensione riflessa, mediata dai discorsi, che per lo più ritroviamo nell’uso che il cinema fa degli oggetti.File | Dimensione | Formato | |
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