Contiene i risultati della ricerca finanziata dall'Università IULM relativa a MERCATI E FILANTROPIA CULTURALI: INNOVAZIONI, TENDENZE E PROSPETTIVE.Il primo capitolo è dedicato alle fondazioni di origine bancaria. In particolare, Chiara de Capoa traccia un quadro della loro maturazione erogativa e precisa i dettagli degli odierni strumenti e delle attuali modalità di erogazione. Il capitolo prosegue con un’analisi quantitativa e qualitativa del collezionismo d’arte e dei musei, spesso in fase di start-up, dedicati a questo collezionismo. La pregnanza storico-artistico determina l’emersione di opportunità espositive i cui confini si stanno facendo, adesso, non più solo nazionali, bensì anche internazionali. Il museo fisico diviene, talora, virtuale ed emergono nuove polarità operative ed evolutive di un’offerta culturale di notevole impatto sul capitale sociale del territorio di riferimento. Il secondo capitolo è dedicato agli istituti di credito. Anna Maria Bagnasco approfondisce con estremo rigore i diversi ruoli che l’attore banca può assumere nel mercato culturale italiano, dall’art advisory al collezionismo d’arte, da sponsor ad attore della crescita sociale-comunitaria. Le banche sono presenti nel mondo dell’arte a diverso titolo e con differenti motivazioni ed obiettivi: le banche sono, storicamente, collezionisti d’arte di grande rilievo: sono presenti, pertanto, sul mercato in quanto soggetti acquisitori di opere; le banche, più di recente, hanno fatto il loro ingresso nel settore dell’arte con le divisioni private ed i connessi servizi di art banking; le banche promuovono eventi legati al mondo del teatro, della musica e dell’arte, sostenendo eventi di carattere etico e filantropico; le banche investono in arte in un’ottica di redditività. Il collezionismo delle banche, tradizionalmente proprio dell’esperienza italiana, sembra evolvere oggi lungo due direttrici. Da un lato, assume caratteri di collezionismo moderno e illuminato, dall’altro, cerca di garantire la divulgazione e la fruibilità. Il terzo capitolo è dedicato alle fondazioni di impresa. Come scrivono Valeria Bricola e Viviana Clavenna il legame tra impresa e cultura si è recentemente sviluppato in almeno due direzioni: la museizzazione dei prodotti propri dell’impresa e l’acquisizione di opere artistiche non direttamente inerenti all’attività dell’impresa stessa, ma posti in luoghi espositivi, aziendali e non, aperti e fruibili dal pubblico. Le fondazioni civili hanno un ruolo chiave, come elemento caratterizzante di una filantropia che sta lentamente uscendo dall’ambito del capitalismo familiare per diventare elemento strategico di imprese gestite in modo manageriale. Allo stesso tempo, la diffusione della responsabilità sociale come parte integrante della governance delle aziende rende sempre più necessaria una riflessione su ruoli e sulle prerogative dell’impresa nella società. La filantropia d’impresa entra, quindi, a far parte di una dialettica fra i cambiamenti organizzativi e strutturali dettati dalla teoria e dalla pratica della responsabilità sociale e la funzione testimoniale dell’impegno dell’azienda nella società che le Fondazioni sono chiamate a svolgere. Il collezionismo d’arte può essere considerato un’ulteriore manifestazione della corporate social responsibility, strettamente connessa alla corporate philanthropy. Il quarto capitolo è dedicato ai musei di impresa. Come scrive Ornella Ponzoni, la costituzione di un museo d’impresa appaga il desiderio di autorappresentazione dell’imprenditore ed il suo bisogno di raccontarsi. Con l’apertura al pubblico della collezione aziendale, infatti, le imprese hanno la possibilità di affermare non più solo il proprio peso economico all’interno del mercato ma anche il valore estetico della propria produzione. Non bisogna, infatti, dimenticare che in Italia, per molto tempo, gli oggetti prodotti industrialmente non hanno goduto di nessuno status che esulasse da quello prettamente strumentale. Al contrario questo non è mai avvenuto all’estero, dove il Made in Italy ha sempre avuto una valenza che travalica il semplice uso. Il quinto capitolo è, infine, dedicato al fundraising. Le imprese culturali italiane non possono più eludere il potenziale erogativo di tanti soggetti privati che oggi rispondono a fondazioni o altre figure giuridiche private che realizzano il c.d. fundgiving. Queste figure alternano al fundgiving l’operating culturale, in tale monografia argomentato. È parso propizio chiudere con un’analisi del fundraising rivolto a questo fundgiving, potenziale erogativo commisto ad un operating che può rivelarsi competitor della tradizionale offerta culturale italiana ed internazionale.

Filantropia e collezionismo d'arte, 2009.

Filantropia e collezionismo d'arte

Bagnasco, Anna Maria;Besana, Angela;
2009-01-01

Abstract

Contiene i risultati della ricerca finanziata dall'Università IULM relativa a MERCATI E FILANTROPIA CULTURALI: INNOVAZIONI, TENDENZE E PROSPETTIVE.Il primo capitolo è dedicato alle fondazioni di origine bancaria. In particolare, Chiara de Capoa traccia un quadro della loro maturazione erogativa e precisa i dettagli degli odierni strumenti e delle attuali modalità di erogazione. Il capitolo prosegue con un’analisi quantitativa e qualitativa del collezionismo d’arte e dei musei, spesso in fase di start-up, dedicati a questo collezionismo. La pregnanza storico-artistico determina l’emersione di opportunità espositive i cui confini si stanno facendo, adesso, non più solo nazionali, bensì anche internazionali. Il museo fisico diviene, talora, virtuale ed emergono nuove polarità operative ed evolutive di un’offerta culturale di notevole impatto sul capitale sociale del territorio di riferimento. Il secondo capitolo è dedicato agli istituti di credito. Anna Maria Bagnasco approfondisce con estremo rigore i diversi ruoli che l’attore banca può assumere nel mercato culturale italiano, dall’art advisory al collezionismo d’arte, da sponsor ad attore della crescita sociale-comunitaria. Le banche sono presenti nel mondo dell’arte a diverso titolo e con differenti motivazioni ed obiettivi: le banche sono, storicamente, collezionisti d’arte di grande rilievo: sono presenti, pertanto, sul mercato in quanto soggetti acquisitori di opere; le banche, più di recente, hanno fatto il loro ingresso nel settore dell’arte con le divisioni private ed i connessi servizi di art banking; le banche promuovono eventi legati al mondo del teatro, della musica e dell’arte, sostenendo eventi di carattere etico e filantropico; le banche investono in arte in un’ottica di redditività. Il collezionismo delle banche, tradizionalmente proprio dell’esperienza italiana, sembra evolvere oggi lungo due direttrici. Da un lato, assume caratteri di collezionismo moderno e illuminato, dall’altro, cerca di garantire la divulgazione e la fruibilità. Il terzo capitolo è dedicato alle fondazioni di impresa. Come scrivono Valeria Bricola e Viviana Clavenna il legame tra impresa e cultura si è recentemente sviluppato in almeno due direzioni: la museizzazione dei prodotti propri dell’impresa e l’acquisizione di opere artistiche non direttamente inerenti all’attività dell’impresa stessa, ma posti in luoghi espositivi, aziendali e non, aperti e fruibili dal pubblico. Le fondazioni civili hanno un ruolo chiave, come elemento caratterizzante di una filantropia che sta lentamente uscendo dall’ambito del capitalismo familiare per diventare elemento strategico di imprese gestite in modo manageriale. Allo stesso tempo, la diffusione della responsabilità sociale come parte integrante della governance delle aziende rende sempre più necessaria una riflessione su ruoli e sulle prerogative dell’impresa nella società. La filantropia d’impresa entra, quindi, a far parte di una dialettica fra i cambiamenti organizzativi e strutturali dettati dalla teoria e dalla pratica della responsabilità sociale e la funzione testimoniale dell’impegno dell’azienda nella società che le Fondazioni sono chiamate a svolgere. Il collezionismo d’arte può essere considerato un’ulteriore manifestazione della corporate social responsibility, strettamente connessa alla corporate philanthropy. Il quarto capitolo è dedicato ai musei di impresa. Come scrive Ornella Ponzoni, la costituzione di un museo d’impresa appaga il desiderio di autorappresentazione dell’imprenditore ed il suo bisogno di raccontarsi. Con l’apertura al pubblico della collezione aziendale, infatti, le imprese hanno la possibilità di affermare non più solo il proprio peso economico all’interno del mercato ma anche il valore estetico della propria produzione. Non bisogna, infatti, dimenticare che in Italia, per molto tempo, gli oggetti prodotti industrialmente non hanno goduto di nessuno status che esulasse da quello prettamente strumentale. Al contrario questo non è mai avvenuto all’estero, dove il Made in Italy ha sempre avuto una valenza che travalica il semplice uso. Il quinto capitolo è, infine, dedicato al fundraising. Le imprese culturali italiane non possono più eludere il potenziale erogativo di tanti soggetti privati che oggi rispondono a fondazioni o altre figure giuridiche private che realizzano il c.d. fundgiving. Queste figure alternano al fundgiving l’operating culturale, in tale monografia argomentato. È parso propizio chiudere con un’analisi del fundraising rivolto a questo fundgiving, potenziale erogativo commisto ad un operating che può rivelarsi competitor della tradizionale offerta culturale italiana ed internazionale.
Italiano
2009
978-88-6301-027-5
9788865010275
160
Italy
Milano
Unicopli
A stampa
nazionale
Settore SECS-P/01 - Economia Politica
Progetto di ricerca IULM, MERCATI E FILANTROPIA CULTURALI: INNOVAZIONI, TENDENZE E PROSPETTIVE. 10.9.2007 n. 14389
6
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